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Un viaggio verso il passato

  • Immagine del redattore: Gazzetta del Landi
    Gazzetta del Landi
  • 28 apr 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Il giorno 20 marzo 2023 alcuni alunni del Liceo A. Landi si sono immersi nel passato, visitando il Museo IMI e il Museo della Liberazione a Roma con le professoresse Terra e Baccarini.

Partiamo con il parlare del Museo IMI. Tale museo è stato allestito per gli internati militari italiani, ovvero i militari italiani catturati dalle truppe naziste, inizialmente considerati prigionieri di guerra, dopo il 20 settembre 1943. La storia degli IMI ebbe inizio l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio sottoscritto dall’Italia con le Forze Alleate, una data che cambiò, dopo tre anni di guerra, il corso del Secondo conflitto mondiale. Quei militari italiani che si trovavano lontani dal territorio di nascita furono catturati e deportati nei campi di concentramento tedesco per aver pronunciato il fatidico no, che avrebbe portato alla fine di un’alleanza. Adolf Hitler impose che fossero classificati come “italienische Militar – internierte” (internati militari italiani); sempre per ordine del Führer, d’accordo con Mussolini, gli IMI il 12 agosto 1944 cambiano di status e vengono trasformati in “lavoratori civili”, formalmente liberi. La Germania aveva bisogno di forza lavoro in una fase critica della guerra, così, una volta arrivati nei campi, i militari italiani vennero utilizzati come lavoratori coatti in Germania nelle fabbriche o per lavori necessari nei campi e in miniere.

Abbiamo visitato per primo il museo “Vite di IMI” a via labicana. Il museo nasce per rendere onore ad oltre 650.000 militari internati italiani nei lager tedeschi dopo l’8 settembre 1943. Qui abbiamo incontrato un'altra scuola proveniente da Frosinone e gli addetti al museo. Abbiamo ascoltato una conferenza su quello che è stato la deportazione di tali militari, dopo di che ci siamo inoltrati nel museo dove abbiamo fatto una visita in modo autonomo ma con una guida virtuale. La visita ci ha segnato dentro: avere a pochi passi da te indumenti di uomini che hanno scelto la morte per il loro Paese è un qualcosa di veramente unico. Nel percorso c’erano diverse tappe dove si illustravano diversi oggetti: dalle divise, a strumenti musicali, a modellini le scale del campo di concentramento a foto e documenti dei vari deportati. Alla fine del nostro tour abbiamo avuto l’onore di conversare con due figli di due deportati che ci hanno raccontato la storia dei loro padri e di ciò che hanno passato. Ci hanno raccontato che è stato bellissimo rivederli ma loro non erano più gli stessi, erano “cambiati tanto che non avevano neanche le forze per raccontare ciò che avevano passato. Trovando però una via alternativa, il padre di Stefania Botti, il signor Felice Botti, ha raccolto tutto ciò che aveva in una cartellina in modo che la figlia lo trovasse. Così dopo la morte sua figlia, Stefania trovò la cartellina e con essa anche la forza di raccontare. Abbiamo molte testimonianze anche di pittori che hanno vissuto nei lager.










Il secondo museo che abbiamo visitato è il Museo della storia della liberazione. Il museo si trova in via Torquato Tasso ed è un appartamento di 5 piani usato come prigione dai Tedeschi. Qui abbiamo avuto l’onore di leggere con i nostri occhi testimonianze e lettere scritte dai militari prigionieri. Abbiamo fatto la visita con una guida che ci ha fatto inoltrare direttamente in quegli anni orribili facendoci sentire sulla nostra pelle orribile esperienza. La lettura di lettere scritte da mariti, fidanzati, padri, nonni è stato devastante tanto quanto scoprire che nella strage delle fosse ardeatine il colpevole fu processato solo per 5 uomini su 335 uccisi questo perché il mandato diceva di uccidere dieci italiani per ogni soldato tedesco ucciso per via di un attentato da parte dei partigiani. Ciò è ingiusto, ma cosa in tutta questa storia non lo è? Abbiamo visitato questi musei con la consapevolezza di ricordare e di non commettere errori del passato.






 
 
 

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