SENECA E I SUOI INSEGNAMENTI
- Gazzetta del Landi
- 4 apr 2020
- Tempo di lettura: 5 min

“La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l'opportunità”. “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. “Spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall'opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa”. “Il maggior ostacolo del vivere è l'attesa, che dipende dal domani ma spreca l'oggi”. “Ciò che è dato con orgoglio ed ostentazione dipende più dall'ambizione che dalla generosità”. “Non è libero chi è schiavo del proprio corpo”. “Vale la pena di sperimentare anche l'ingratitudine, per trovare un uomo riconoscente”. “Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno dietro”. “Comincia a vivere subito e considera ogni giorno come una vita a sé”. “Il nostro primo dovere è di non seguire, come fanno gli animali, il gregge di coloro che ci precedono”.
Questo è Lucius Annaeus Seneca, filosofo, poeta, statista e drammaturgo romano. Ebbe una grande carriera politica a Roma, dove ricoprì le cariche di senatore e questore, prima di essere esiliato in Corsica per adulterio. Tornato a Roma, legò la sua vita a Nerone, all'epoca non ancora in politica, di cui divenne tutore e precettore. Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo" (54-59 d.C.), in cui Nerone governò saggiamente sotto la guida del suo maestro, l'ex allievo si trasformò progressivamente in un tiranno le cui decisioni non tardarono a ritorcersi su Seneca che, accusato di aver ordito una congiura ai danni di Nerone, cadde vittima delle ritorsioni del giovane imperatore e da lui fu costretto al suicidio. Fu seguace dello stoicismo. Una vita non comune, vissuta molto intensamente, fino alla tragica morte. Per tutto il corso della sua esistenza si trovò a contatto con il potere e visse costantemente il dilemma morale tra la convivenza con esso, i compromessi che questo comporta e l'esigenza di una condotta saggia e virtuosa. Ma forse proprio per questo ha lasciato all’Umanità di ogni tempo riflessioni profonde, di cui ne ho riportato solo una minima parte, che ancora a due millenni di distanza vanno diritte a colpire la nostra anima, il nostro cuore e ci turbano, ci scuotono dal profondo.

Il “De Brevitate Vitae” è l’opera per eccellenza in cui culmina la concezione della fugacità del tempo e la precarietà delle cose umane. La vita deve essere vissuta intensamente. Il presente è il momento irripetibile del destino dell’uomo, è l’unico mezzo per non dipendere dal futuro e conquistare ciò che conta. Il tempo dell'esistenza è tradizionalmente diviso in presente, passato e futuro. Quale deve essere il rapporto dell'individuo con ognuna di queste scansioni? Il presente è l'unico di cui abbiamo il controllo ed è l'unico che, seppur precario, può aiutarci a non farci schiacciare e non dipendere totalmente dal futuro, per sua natura ambiguo e non prevedibile. Il saggio non rimanda al domani e non si preoccupa troppo del futuro. Il passato ha il vantaggio di essere acquisito, definitivo e immutabile. Quelli che sono “occupati” (quali il faccendiere, il mercante, il collezionista, il fanatico dello sport e delle canzonette, l'appassionato di feste e occasioni mondane, il fanatico della bellezza che perde tempo a farsi riordinare la chioma e persino l'erudito di storia, troppo concentrato ad accumulare nozioni non indispensabili) sono uomini stolti, sempre presi da occupazioni insensate, non hanno tempo né voglia di rievocare il passato. Infatti se si fermassero a riflettere, si renderebbero conto di essersi affannati tanto per non concludere nulla. Gli “occupati” inoltre si illudono di rimandare l'otium e la cura dello spirito al futuro, alla vecchiaia, cosa impossibile se si è passata una vita nella loro condizione.
Questo è Lucius Annaeus Seneca, ma forse anche voi avete vissuto momenti in cui pensare: corro troppo, dove vado, mi dovrei fermare un attimo e riflettere. Forse il grande successo dei ritiri spirituali, dello yoga, della musica, delle letture nasce proprio dalla necessità di volersi o doversi fermare, anche per un breve tempo, e meditare, interrogarsi... Seneca invita un amico a prendere tempo per sé e per la cura del proprio spirito. «La vita, se la sai usare, è lunga» è il monito che gli rivolge, non per indicargli in che modo cogliere l'attimo, ma piuttosto per un’esortazione all'autoanalisi e alla consapevolezza. Una valutazione quantitativa del tempo è tipica di chi ha una visione errata dell'esistenza mentre Seneca ne ha una qualitativa: non conta quanto ma come si vive.
Ma certo Seneca ci dice tanto altro.
Perdete spesso la pazienza, siete spesso soggetti all’ ira? Seneca definisce l'ira un “acido che può provocare più danni al recipiente che lo contiene che a qualsiasi cosa su cui venga versato” ma, nel contempo, offre una misura precisa per maneggiarla con una formula semplice ed efficace per chi la pratica: “Contro l’ira, dilazione”. Ed infatti, se ci pensiamo, si tratta di una misura che non sbaglia mai. Nella maggior parte dei casi, l’ira semplicemente può essere controllata con una piccola pausa. Basta restare fermi e in silenzio per un paio di minuti. La calma ritorna e non diremo o faremo qualcosa di cui potremmo pentirci.
Quante volte avete pensato di controllare una brutta abitudine solo limitandola? Seneca fa un’affermazione molto saggia e acuta, riguardo alle abitudini: “certe abitudini si possono più facilmente troncare che moderare”. Come sempre, in una breve frase riassume un mondo di saggezza. Una buona abitudine non sopravvive in mezzo a varie abitudini negative. Per favorire il susseguirsi delle abitudini sane, è meglio troncarne di netto altre.
Vi siete mai fermati di fronte ad ostacoli che ritenevate insuperabili? Ci soccorre il Filosofo: “non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, è perché non osiamo farle che le cose sono difficili”. Seneca vuole dire che le cose possono risultare molto più complicate nella mente che nella realtà, anche perché spesso gli esseri umani tendono a esagerare ciò che osservano con la paura. Oltretutto Seneca dà un grande valore alle difficoltà. Non attribuisce loro un significato negativo, né ritiene si debbano evitare. Al contrario, sostiene che i problemi sono fonte di crescita e progresso. Per lui le difficoltà fortificano la mente, come il lavoro fortifica il corpo. In altre parole, Seneca vede la difficoltà come un’opportunità per esercitare e sviluppare la capacità di ragionamento.
Un’ ultima considerazione. Seneca ci invita a credere in noi stessi, a credere nelle nostre potenzialità e nei nostri valori, a non dipendere dal giudizio degli altri. “Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te ”, oppure “se vivrai secondo natura, non sarai mai povero; se vivrai secondo le opinioni umane non sarai mai ricco.” Attenzione, però, questo non deve avere come contraltare l’isolamento, la difficoltà nel relazionarsi, anche perché molto spesso è il disinteressato lavoro di gruppo che permette di raggiungere un obiettivo nel migliore dei modi e nel minor tempo. In fondo se vinceremo anche questo virus, sarà proprio per un grande gioco di squadra, come invocato dalle Autorità. Non è forse vero che “nessun bene senza un compagno ci dà gioia”, come diceva un certo Lucius Annaeus Seneca tanti anni fa…
Ginevra Gambardella
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