L’ATTUALITÀ DI SOCRATE
- Gazzetta del Landi
- 26 mar 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Socrate è nato nel 469 a. C. ad Atene, figlio di uno scultore e di una levatrice, nella stessa città dove sarebbe stato condannato a morte ingiustamente nel 399. Tuttavia il suo pensiero e la sua stessa vita sono un esempio ancora oggi per tutti noi. Alcuni spunti di riflessione.
La grande lezione di Socrate: imparare a dubitare delle nostre opinioni ci rende persone migliori
Non bisogna scambiare questo atteggiamento per un elogio dell’ignoranza. La grande lezione di Socrate, che dovremmo imparare a recuperare in un momento storico di così scarsa riflessività, sta invece in un atteggiamento opposto: per Socrate è sapiente non colui che è certo delle proprie opinioni, ma colui che sa dubitare delle proprie opinioni. Poiché “sapere di non sapere” è il primo strumento per rimediare alle opinioni false. È la spinta fondamentale per la ricerca del meglio. Il dubbio e l’interrogazione si accompagnano da parte di Socrate alla professione di consapevole ignoranza perché chi non sa di non sapere non cerca nemmeno, mentre sapere di non sapere fa da pungolo alla ricerca e alla richiesta di risposte non generiche, non evasive. Non tanto nell’astrattezza dei concetti, quanto nella vita pratica.
Egli, quindi, non è un presuntuoso come quelli che al suo tempo si ritenevano “filosofi”, che vantavano competenze che di fatto non avevano: egli è onesto perché ammette di non sapere. Anche al giorno d’oggi bisognerebbe imparare ad essere più onesti con gli altri, ma soprattutto incominciare ad esserlo con se stessi, rendendosi conto di avere certi limiti, in modo poi da saperli superare nel migliore dei modi. Purtroppo però la presunzione è un male che possiede le maggior parte della gente, chi più, chi meno, ormai non ce ne si rende neppure più conto, ci si vanta di cose non vere, di essere istruiti ed intellettuali solamente per far colpo sugli altri, per farsi rispettare e per essere ammirati.
Socrate: maestro di ironia
Una delle tecniche utilizzate più frequentemente da Socrate per perseguire lo scopo di sconcertare l'interlocutore e portarlo a riconsiderare le sue posizioni è certamente l'ironia. Termine non utilizzato nel suo significato corrente: indicava infatti una tecnica utilizzata per arrivare a porre in crisi un avversario dialogico utilizzando contro di lui gli stessi argomenti che egli pensava di impiegare come difesa delle sue posizioni. La tecnica dell'ironia lascia infatti all'interlocutore la facoltà di impostare il discorso seguendo il suo proprio punto di vista e le sue motivazioni, affiancarsi all'interlocutore nella gestione del discorso, come aiutandolo e confermando le sue posizioni, per poi arrivare a trarre con lui conclusioni che dimostreranno non tanto la fondatezza delle ipotesi proposte bensì l'infondatezza degli stessi punti di partenza. Alla fine la verità, diceva Socrate, era partorita dalla persona che dialogava con lui su un certo argomento: è la cosiddetta “maieutica”, un altro termine con cui si può indicare il metodo dialettico socratico.
Dinanzi a un certo tipo di risposte Socrate ti spiega la sua ironia. L’ironia è uno scherzo terribilmente serio, che irrita quasi intenzionalmente l’interlocutore, ma solo per scuoterlo con energia dalle sue false certezze e renderlo, così, aperto a quella verità che ora gli sfugge. L’ironia è un avanzare mascherato verso la verità. La maieutica effettivamente poteva spazientire gli interlocutori di Socrate, che a volte lo accusavano di saper solo interrogare e di non saper mai dare risposte: dimenticavano che chi ha imparato a dubitare non impone significati. Ma può dire con Socrate, in piena coscienza:
“Mai temerò e fuggirò quelle cose che io non so se siano buone, per altre che, invece, so e riconosco cattive.”
L’ironia ha un grande effetto perché sgretola le credenze preconcette dell’interlocutore, come di tutti. Anche per noi stessi, essere autoironici sicuramente ci aiuterebbe ad essere migliori.

Socrate: l’importanza di conoscere te stesso
“Conosci te stesso” era scritto sul frontone del tempio di Delfi. Socrate fa suo il motto, dandogli un’estensione ed una profondità insospettate. Mettersi in chiaro con se stessi, con un atto di coraggio e di sincerità da rinnovare di continuo, significa pervenire all’età della ragione, cioè superare l’ “ego centrismo”, il narcisismo, così come l’istinto del gregge, la falsa certezza delle frasi fatte, dei luoghi comuni. Un tale processo di liberazione non potrebbe avere inizio nè proseguire senza un ritorno del singolo alla sua interiorità. Questo rapporto è la coscienza. Se il rapporto dell’uomo con se stesso, cioè la coscienza, è posto tra parentesi o eliminato l’uomo diventa una forma vuota che può riempirsi a caso di qualsiasi contenuto. Diventa semplice recipiente di pregiudizi, di credenze grossolane, di luoghi comuni e slogan. Conoscere se stessi, dunque, significa sete di verità, ansia di obiettività.
Socrate: l’ “interlocutore scomodo” ed il valore della coerenza
Il grande insegnamento di Socrate per tutti noi è anche la coerenza tra “il dire” ed “il fare” in tutta la sua vita. Infatti egli continua a sostenere le sue idee nonostante sappia di aver suscitato reazioni totalmente negative tra i nobili e i politici, procurandosi anche molte inimicizie e calunnie.
Socrate non si propone mai come insegnante nel senso tradizionale del termine. Egli si definisce piuttosto un “interlocutore scomodo” e la sua didattica consiste nel dialogo e nel confronto anche polemico con gli ascoltatori, con i quali si intrattiene discorrendo per ore. Egli mira a sviluppare le capacità interiori di chi segue i suoi insegnamenti e non tanto le abilità pubbliche. Questa sua posizione pedagogica, al contrario di quanto potrebbe sembrare in prima istanza, ha una forte ripercussione politica. Difatti egli è percepito come uno scomodo termine di paragone per gli esponenti dell'aristocrazia: Socrate disprezza il denaro insieme ad ogni eccesso, inoltre distrae i giovani coinvolgendoli in discussioni atte a stimolare una critica non sempre costruttiva agli occhi della classe dominante. In poche parole… ora come allora!
Quando viene portato in tribunale ad Atene con l’accusa di aver corrotto i giovani con i suoi dialoghi e con le sue domande, definite pericolose, si presenta solo e senza alcun difensore, avendo rifiutato la possibilità di fuggire dal carcere, offertagli da uno tra i suoi seguaci più giovani, in quanto se avesse accettato la proposta avrebbe violato le leggi della sua città. Viene condannato a morte.
Ma perché questo comportamento? Se Socrate avesse considerato le leggi ingiuste, se ne sarebbe andato via o le avrebbe contestate, ma fino a 70 anni tali leggi sono andate a Socrate più che bene e nel giorno della sentenza di quello che è passato alla storia come “processo alla filosofia” non può scappare o sarebbe incoerente. Avrà pensato, cosa cambia ora? Le leggi non mi vanno più bene per il mio utile personale? L’universale concreto è lo Stato e al di sopra non ci sta nulla. Per uno Stato migliore puoi persuadere le leggi e rivederle in termini di qualcosa che sia ancora più universale. Per arrivare a forme più eque di giustizia, per Socrate, non si può semplicemente non rispettare quelle già esistenti. Chi insegna dei valori deve essere lui per primo a darne testimonianza, altrimenti la sua opera sarà stata vana perché resterà inascoltata. Oggi sono veramente poche le persone così, che non rinunciano ai propri ideali neanche davanti alla morte. Al giorno d’oggi basta una minima difficoltà per farci cambiare idea, per farci sottomettere dagli altri e dal loro pensiero. Non dobbiamo permetterlo!
Socrate, un grande filoso, un Maestro per l’Umanità, per sempre.
Ginevra Gambardella
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