L’ARTICOLO 7 NELL’OTTICA DANTESCA
- Gazzetta del Landi
- 29 mag 2021
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CITTADINI CONSAPEVOLI

Lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. L’articolo 7, proclamando l’indipendenza tra Stato e Chiesa, mette fine al conflitto tra le due maggiori potenze, il potere temporale e quello spirituale, che per quasi un millennio si sono contese il primato assoluto.
Tra le varie cause del conflitto, possiamo individuare la lotta per le investiture e la donazione di Costantino, ovvero un documento che diede inizio al potere temporale della Chiesa attraverso la donazione di territori. In realtà si trattò di un falso e anche prima di questa smentita la cessione di terre era vista come una maledizione, perché tra le principali cause della corruzione del Papato. Sostenitore di questa teoria fu Dante, che sosteneva la necessità di una differenziazione tra il potere spirituale e imperiale. Famosa era la sua teoria dei due Soli trattata nel De Monarchia, opera teorica in latino articolata in tre libri: è proprio nell’ultimo che il sommo poeta spiega la controversa questione dei rapporti tra Impero e Chiesa. Egli infatti sostiene la totale autonomia dei due poteri: nella vita ci sono due fini, ovvero la felicità di questa vita e la felicità della vita eterna, poste all’uomo dalla Provvidenza divina. Per raggiungere questi obiettivi l’uomo ha a disposizione più mezzi: la filosofia, quindi seguendo virtù morali e intellettuali, e gli insegnamenti divini, ovvero Fede, Speranza e Carità. L’uomo per perseguire queste aspirazioni ha però bisogno di due guide distinte, il pontefice e l’imperatore: il primo indirizza verso la felicità eterna, mentre il secondo è la guida in materia terrena. L’imperatore doveva inoltre garantire la pace, necessaria affinché l’uomo riuscisse a raggiungere il fine della vita umana. Per questo motivo il papato non doveva essere distratto dalla gestione di terre o ricchezze e a sua volta l’imperatore non doveva interferire in questioni come l’elezione dei vescovi.

Dante mette quindi in discussione la sottomissione dell’impero alla Chiesa, fenomeno frequente; basti pensare che durante l’incoronazione di un monarca era il Papa a legittimare l’atto. La concordia tra Stato e Chiesa era però vista come un obiettivo difficile da raggiungere per l’epoca poiché ovviamente nessuno dei due poteri era disposto a rinunciare a parte della sua autorità. Queste idee erano decisamente rivoluzionarie per i tempi e non c’è da stupirsi se questo trattato fu subito dichiarato eretico e messo nell’Indice dei libri proibiti e riabilitato dolo dieci anni dopo. Non bisogna infatti dimenticare che Dante visse in un periodo in cui l’opinione comune assegnava alla vita una visione strettamente teocratica: dopotutto, anche Dante vide sempre come ultima parola quella di Dio. Possiamo quindi considerare questo autore come il precursore di un’idea che, ad oggi, in molti paesi, è ormai scontata.
Gaia Mascioli
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