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Parole in corso...

Da sempre era uso che gli ambasciatori, fossero muniti di una specie di passaporto speciale detto “credenziale“: una lettera in cui erano scritti tre punti fondamentali, ovvero scopo della missione, identità dell’ambasciatore e la ferma esortazione “a credere” tutto ciò che questo avrebbe detto senza torcergli un capello perché, come si dice ancora oggi, “ambasciator non porta pena“. Ossia non ha nessuna colpa di ciò che viene a riferire.

Nell’antica Grecia, i rapporti diplomatici erano affidati ai primi ambasciatori della storia, gli “àngheloi”, scelti accuratamente tra i cittadini che in patria avevano da sempre mostrato buone doti di abilità di rapporto con gli altri. Al ritorno di questi, in caso di missione riuscita, venivano incoronati d’alloro e acclamati pubblicamente.

La figura moderna del diplomatico straniero residente in modo fisso in una Corte d’altro stato, fu inventata della Chiesa quando inviò Nunzi Pontifizi a vivere stabilmente nel palazzo imperiale di Bisanzio.

Negli ultimi secoli, cioè dopo la scoperta dell’America e la conseguente nascita di grandi e potenti stati nazionali sempre pronti a farsi vicendevolmente le scarpe, la presenza di ambasciatori fissi in terra straniera divenne sostanzialmente indispensabile.



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